Percorso delle residenze di guerra
(Castello di Monselice, Castello di Lispida, Pontemanco, Catajo, San Pelagio, Villa Giusti)
Oggi il comune di Due Carrare è immerso nel verde placido e rigoglioso della campagna, una dimensione bucolica, un regno di pace e tranquillità, ma non è sempre stato così. Questo territorio, infatti, conserva le testimonianze di un passato sconvolto da conflitti e da guerre che oggi studiamo nei libri di storia. Testimonianze che hanno la forma di castelli, come quello di Monselice o di San Pelagio, dove si sono consumate le estenuanti battaglie che hanno infiammato il Medioevo contrapponendo la signoria dei Carraresi a quella degli Scaligeri per la supremazia su questa parte del Veneto, oppure residenze legate alla I guerra mondiale, per la quale è opportuno citare il Castello di Lispida, che fu il quartier generale del re Vittorio Emanuele III, San Pelagio, da dove partì il volo su Vienna di Gabriele d’Annunzio, o Villa Giusti, sede delle lunghe trattative che il 3 novembre 1918 portarono all’armistizio tra l’Italia e l'Impero Austro-Ungarico e, dunque, alla fine della prima guerra mondiale. Ma non mancano le residenze dei “signori della guerra”, veri e propri professionisti delle armi e che grazie a queste costruirono grandi fortune. E’ il caso degli Obizzi, dinastia di capitani di ventura, il loro esercito era uno dei più famosi e richiesti nell’Europa del XVI secolo e il loro prestigio riecheggia ancora nelle 350 stanze del Catajo a Battaglia Terme. A queste possenti mura, in realtà non costruite con fini difensivi, ma solo per ricordare il lignaggio di chi vi abitava, si lega un altro episodio che forse pochi conoscono: gli ultimi giorni della sua vita l’arciduca Francesco Ferdinando, nipote dell’imperatore Francesco Giuseppe ed erede al trono d’Austria-Ungheria, li trascorse proprio qui. Poco dopo il suo ritorno a Vienna da Battaglia Terme, infatti, partì per una visita ufficiale a Sarajevo, dove cadde vittima dell’attentato che diede avvio alla prima guerra mondiale. Ma insieme agli uomini della guerra è il caso di citare anche gli uomini della pace, come Guerrino Brunazzo che nel corso del secondo conflitto mondiale diede ospitalità, nella sua abitazione di Pontemanco, a sette ebrei salvandoli dalla persecuzione nazi-fascista. Quella casa esiste ancora ed è riconoscibile per la targa che lo ricorda e celebra il conferimento, alla sua memoria, della medaglia di “Giusto fra le nazioni”.
Road-map
Questo percorso vuole essere una vera e propria macchina del tempo, capace di condurci dai tempi del Basso Medioevo alla Grande Guerra, attraverso le testimonianze che il territorio ancora conserva, in forma di castelli, possenti mura e musei, dei principali eventi bellici che lo hanno riguardato. Questo per spostarci nel tempo, per muoverci nello spazio invece è opportuno avvalersi degli argini del Bisatto che, raccogliendo le acque delle alture Beriche, si dirige sinuosissimo, da cui il nome, verso Battaglia dove l’escavo dell’omonimo canale alla fine del XII secolo consente di collegare Monselice a Padova. L’itinerario, pertanto, non parte dal centro di Due Carrare, in quanto trovandosi nell’esatto mezzo dell’itinerario non offre la possibilità di uno spostamento comodo, sicuro e suggestivo come la sommità arginale dei due canali. Lo raggiungeremo, ma è necessario far partire la nostra pedalata dal centro di Monselice, dominato dalla Rocca Federiciana e dal Castello, da cui parte anche lo svolgimento nel tempo di questo percorso dedicato alla guerra. Ai piedi del Colle della Rocca infatti incroceremo il nostro Bisatto e seguendone la corrente usciremo dall’abitato di Monselice. Giunti all’altezza di villa Emo lasceremo la via arginale imboccando il vicino ponte che svoltando a sinistra ci immetterà nella SP16. Ne percorreremo solo poche centinaia di metri prima di incrociare sulla destra via 4 Novembre, la quale ci condurrà, nella suggestione del paesaggio collinare, fino al Castello di Lispida. Per continuare il nostro percorso e dirigerci verso il Catajo, dovremmo fare a ritroso tutta via 4 novembre e il breve tratto della Sp16, per rimboccare lo stesso ponte dal quale avevamo fatto la nostra digressione e procedere in direzione di Due Carrare. Oltrepassato il centro di Battaglia Terme, e il groviglio di canali che la caratterizzano, dovremmo già scorgere l’alta e possente mole del Catajo. La residenza che fu degli Obizzi, infatti, sorge proprio sul corso del canale che stiamo percorrendo. Ultimata la visita attraverseremo il ponte e percorreremo un breve tratto della SS 16 per imboccare subito a destra via Mincana che ci condurrà nel centro di Due Carrare. Alla rotatoria con la statua delle “Due Carrare”, simbolo del comune, prendiamo via Roma, e successivamente la Sp 9 per raggiungere il piccolo borgo di Pontemanco, dove si trova la casa di Guerrino Brunazzo. Da qui prenderemo via Pontemanco, supereremo la rotatoria con la SP 9 e procedendo dritti arriveremo all’intersezione con via Figaroli. Qui svoltiamo a sinistra e proseguiamo dritti fino alla nuova rotatoria da dove parte via San Pelagio. Si tratta di qualche chilometro, ma seguendone sempre il percorso, una volta superato il ponte sulla A13, si arriverà al Castello, oggi Museo del Volo, che prende il nome proprio dallo storico episodio che il 9 agosto 1918 portò Gabriele D’Annunzio a sorvolare il cielo di Vienna e a liberare nell’aria migliaia di volantini inneggianti la fine delle ostilità tra l’impero d’Austria e l’Italia. Quell’impresa, passata alla storia con il nome de “Il volo su Vienna”, partì da qui, ossia dal luogo dal quale decollarono gli aeroplani della squadriglia “Serenissima” guidata dal poeta di Pescara. Procedendo sempre nella stessa direzione si sbucherà a Mezzavia dove, superato il ponte, riprenderemo il nostro argine per procedere in direzione di Padova e dunque di villa Giusti. Dopo l’incrocio con via Ponte della Cagna, la strada non sarà più asfaltata ma procederemo comunque fino a raggiungere via Mandria. Da qui proseguiamo qualche centinaio di metri e al termine di questa, svoltando a destra, dopo pochi metri ci troveremo davanti a Villa Giusti, dove venne firmato lo storico armistizio che pose fine alla Grande Guerra.
Il Colle della Rocca di Monselice, Rocca e Castello (guerre Medievali)
Il Colle della Rocca di Monselice è il più avanzato del gruppo degli Euganei, proteso in avanti verso la campagna ne è la sentinella, un punto di osservazione straordinario e un luogo inaccessibile se debitamente fortificato. E infatti lo fu. A cominciare dall’Alto Medioevo. Le prime strutture difensive risalgono alle guerre Longobarde-Bizantine nel VII secolo d.C., con un castelletto e una cerchia di mura a protezione della sommità del colle, dove appunto si trovava il centro del sistema difensivo. Nel tempo, poi, fu quasi tutto il colle a diventare una straordinaria macchina militare. Il castello bizantino, infatti, e la chiesa di Santa Giustina vennero completamente riedificate in forma di una poderosa rocca da Federico II di Svevia attorno al 1240, che ancora svetta dalla sommità, e ulteriormente difeso da una nuova cerchia di mura. Del resto sono anni di tremende guerre che coinvolgono il genero dell’imperatore Federico, Ezzelino III da Romano, nel controllo di questa parte del Veneto. Il secolo successivo non fu più tranquillo, le nuove potenze in campo, rappresentate dalla signoria veronese dei Dalla Scala e da quella padovana dei Da Carrara, concentrarono anche qui parte di quegli innumerevoli scontri per la supremazia sul territorio. Nel 1317 Cangrande della Scala, signore di Verona, occupò Monselice. Gli Scaligeri rimasero fino al 1338 quando la fortezza viene conquistata dai Carraresi di Padova, che con Francesco da Carrara nel 1351 diedero il via ad una ulteriore opera di ammodernamento e rafforzamento delle strutture militari. Nel 1405 la Rocca viene espugnata dai Veneziani, segnando, insieme alla presa di Padova, la fine della Signoria dei Carraresi. Ormai Monselice non rappresentava più un baluardo difensivo indispensabile, vista la sua posizione in pieno territorio veneziano. Tuttavia l'ultima guerra che la vide coinvolta fu la strenua difesa che i Veneziani opposero alle truppe della Lega di Cambrai tra il 1510 e il 1516. Alla fine del XVI secolo la Rocca venne smilitarizzata, anche perché inadatta a reggere i moderni assalti delle artiglierie. Il colle fu venduto ad alcune famiglie patrizie veneziane che edificarono sulle sue pendici le loro ville. Alle sorti della Rocca fecero da specchio quelle del Castello, anch’esso parte integrante del sistema difensivo di Monselice. Venne edificato in tempi diversi, dall’XI al XVI secolo, assolvendo a diverse funzioni: da dimora signorile, torre difensiva, prigione fino a diventare una villa veneta. Oggi è sede museale, dove è possibile fare un viaggio nel Medioevo attraverso il recupero dell’aspetto originario della struttura, realizzato dei conti Cini nei primi decenni del secolo scorso, con l’allestimento di alcuni locali come: l’armeria, la cucina, la biblioteca. L' interno ospita, inoltre, una bella raccolta d'arte italiana con mobili, tappeti, arazzi, sculture e dipinti.
Castello di Lispida (I guerra mondiale)
Il luogo ha una lunga storia, che precede l'acquisto della proprietà e la costruzione della dimora voluta dai conti Corinaldi nel 1792. La villa, infatti, nasce dalla trasformazione di un antico complesso monastico con annessa chiesa dedicata alla Vergine, di cui restano solamente alcune murature inglobate nella torre adiacente all'edificio principale. In origine il monastero era sede di una comunità dell'ordine monastico di Sant’Agostino, per poi passare nel Duecento ai benedettini che vi insediarono una comunità femminile. Superata una fase di decadenza, nel 1485 arrivarono gli Eremiti Gerolimini che ampliarono gli edifici monastici e ricostruirono la chiesa. La soppressione di alcuni ordini religiosi operata dai veneziani nel 1780 portò il complesso all'alienazione e alla trasformazione operata sul finire del secolo dalla ricca famiglia Corinaldi. La radicale ristrutturazione diede forma all'attuale villa, contraddistinta da volumi imponenti e da una decorazione sulla sommità degli edifici che imita le merlature ghibelline. La proprietà venne quindi trasformata in una importante azienda agricola, dotata di imponenti cantine destinate alla produzione di vini. Questa villa diventa interessante per il nostro percorso dedicato alle dimore della guerra perché durante l'ultima fase del primo conflitto mondiale, tra il 1918 e il 1919, la villa venne scelta per ospitare il quartier generale del re Vittorio Emanuele III, per la vicinanza con Villa Giusti di Padova sede del comando dell'esercito italiano.
Il Castello del Catajo (guerre rinascimentali e Grande Guerra)
Un secolo dopo la disfatta carrarese contro i veneziani, proprio nei pressi delle terre dei signori di Padova, il condottiero della Serenissima Pio Enea I degli Obizzi decise di costruire un palazzo, a metà tra il castello militare e la villa principesca, che esaltasse la gloria della sua famiglia. Fu così che nel 1570 nacque il Castello del Catajo. La famiglia Pio Enea I, infatti, pur non essendo di origini nobili e cavalleresche apparteneva a quella schiera di arricchiti che si conquistarono uno status proprio attraverso i servigi prestati in occasione delle guerre. Nel periodo rinascimentale i piccoli stati italiani, soprattutto quelli che non potevano contare su eserciti scelti o di leva permanenti, si affidavano ai capitani di ventura come gli Obizzi. Si trattava di veri e propri “signori della guerra”, professionisti prezzolati che al comando di proprie milizie, addestrate e armate, entravano ed uscivano dalle battaglie, spesso decidendone le sorti. E l’esercito di Pio Enea I era uno dei più richiesti nell’intera Europa, questo gli permise di accumulare grandi ricchezze che, unite a quelle delle generazioni di suoi avi che lo precedettero nel “mestiere delle armi”, lo posero tra le famiglie più influenti del suo tempo. Un lignaggio che oggi può essere confutato proprio dalla magnificenza del Catajo, realizzato su progetto dell’Architetto Andrea da Valle, che nel tempo assunse l’aspetto imponente di una fortezza. Con le sue 350 stanze, alcune impreziosite dagli affreschi di Gian Battista Zelotti, discepolo di Paolo Veronese, e il suo “Giardino delle Delizie” è annoverato tra le dimore storiche più importanti d’Europa.
Pontemanco (II guerra mondiale)
Il piccolo borgo di Pontemanco fu un vitale centro sviluppatosi nel corso degli ultimi secoli del Medioevo attorno all’attività di macinazione dei cereali e di scambio delle merci. Si tratta, infatti, di un centro che potremmo definire “proto-industriale”, imperniato sulla forza motrice prodotta da un salto d’acqua di tre metri del canale “Biancolino” e su un nodo di vie fluviali, costituito dal Vigenzone, dal Canale Battaglia e dallo stesso Biancolino, che garantiva collegamenti con la vicina Padova o con la laguna di Venezia. Un’attività andata avanti per secoli, basta pensare che la ruota dell’ultimo mulino si fermò solo negli anni ’70 del Novecento. Ma Pontemanco è importante anche per la straordinaria vicenda di cui fu protagonista Guerrino Brunazzo, durante gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale. Nella Due Carrare occupata, come il resto di questa parte del Veneto, dall’esercito tedesco, diede accoglienza a 7 profughi ebrei. Erano clandestini e ricercati dal ricostruito governo fascista del regime di Salò e dai nazisti, destinati ai campi di sterminio. A loro aprì le porte della propria casa, ma non fu il solo. Molti del paese sapevano e alcuni di loro lo aiutarono nel portare avanti la coraggiosa e “giusta” azione. In particolare il sig. Bertin, proprietario dei mulini, fornì derrate alimentari e il farmacista, dott. Fortini, fornì medicine e assistenza e lo stesso parroco, don Gaetano Torresin, fu indispensabile nel tenere nascosti i perseguitati e nel conservare la memoria di questi fatti, in quanto ritrovata proprio nell’accurato diario che egli ha tenuto di quei due anni. Nutrire e alloggiare sette persone in tempo di guerra, col razionamento e scarsità di viveri, fu un gesto di profonda umanità, ma non va dimenticato che la vita della stessa famiglia Brunazzo sarebbe stata a repentaglio se quel nascondiglio fosse stato scoperto. Un rischio ancora più elevato se si considera che al tempo Pontemanco fu oggetto di un rastrellamento, in quanto considerato una roccaforte dei partigiani. Oggi è facile individuare la casa di Guerrino Brunazzo, giù verso il mulino, tra le abitazioni basse che caratterizzano il borgo c’è n’è una con una targa che lo ricorda e celebra il conferimento, alla sua memoria, della medaglia di “Giusto fra le nazioni”.
Castello di San Pelagio (Guerre Medievali e I conflitto mondiale)
Il Castello di San Pelagio si lega alla guerra in due epoche diverse della sua lunga storia. L’alta torre che svetta sui tetti dell’edificio, infatti, è quanto rimane del sistema difensivo, che i Da Carrara alla metà del XIV secolo approntarono per dotare il territorio di strutture idonee ad affrontare la minaccia dei vicini signori di Verona, gli Scaligeri. L’intero secolo, infatti, fu dominato dalla rivalità delle due famiglie nel contendersi la supremazia del territorio. Risalgono a questi anni le fortificazione di Este, il Castello di Valbona o le mura di Montagnana. Nel caso specifico di San Pelagio, i Carraresi realizzarono una fortezza strutturata su diverse torri, collegate tra loro da passaggi sotterranei lunghi fino a 2 Km che univano la residenza a Mezzavia, frazione di Due Carrare. Attualmente a causa di allagamenti e ostruzioni i passaggi sotterranei non sono percorribili. Nei secoli successivi, quando i compiti difensivi della struttura furono superati dal riassetto del territorio, finito tutto sotto il dominio di Venezia, il castello venne trasformato. Nei primi decenni del 1700 la proprietà passò ai Conti Zaborra che ampliano notevolmente l’edificio, rimodernano l’ala padronale per adattarla a residenza signorile e realizzano le barchesse a uso agricolo. Ma ancora nel secolo scorso il complesso di San Pelagio tornò al centro delle vicende belliche. Il 9 agosto 1918, si levarono da qui gli aerei della Squadriglia “Serenessima” guidata dal maggiore Gabriele d’Annunzio diretti verso Vienna, per il celebre Volo. Un’azione dimostrativa e allo stesso tempo propagandistica, con la quale il Poeta aveva inteso esortare gli austriaci alla resa e a porre fine alle belligeranze attraverso il lancio di volantini inneggianti alla pace. Il Volo sarebbe poi passato dalla cronaca alla leggenda come un episodio tra i più emblematici della Grande Guerra. Oggi una sezione del Museo del Volo, ospitato all’interno del Castello di San Pelagio, è interamente dedicata a questa avventura: qui entrerete nella stanza dove dormiva d’Annunzio, vedrete la sua tenuta di volo, gli originali dei volantini lanciati su Vienna e potrete immergervi in un percorso che vi accompagnerà sulla strada della grande epopea del Volo, da Leonardo alle missioni spaziali.
Villa Giusti
Villa Giusti sorge sull’antica strada che collegava Padova ad Abano Terme. Il complesso, risalente al Medioevo, apparteneva alla potente famiglia Capodilista e nell'Ottocento passò prima alla famiglia Pisani-Zasio e, successivamente, ai Giusti del Giardino. Gli edifici presentano un’importante stratificazione storica come dimostra la torre che, da elemento del sistema difensivo della Padova medievale, fu poi adibita a torre colombaia e, infine, modificata secondo il gusto ottocentesco. Nel 1875 vennero rinnovati seguendo lo stile romantico ed eclettico dell’epoca sia l’aspetto della villa che quello dell’edificio che ospitava le dipendenze di servizio ed agricole. Negli stessi anni, inoltre, venne disegnato il grande parco all'inglese. Sotto la proprietà del senatore e sindaco di Padova Vettor Giusti del Giardino, la villa fu teatro di uno degli eventi più importanti della nostra nazione. Dopo lunghe trattative, il 3 novembre 1918 i rappresentanti del Regno d'Italia e dell'Impero Austro-Ungarico firmarono l'armistizio che segnò la fine della prima guerra mondiale per l'Italia.