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Percorso della Fede

(Abbazia di Santo Stefano, Due Carrare - Oratorio della Beata Vergine Maria Annunciata, Pontemanco – Chiesa di San Biagio, Cornegliana – Tempietto dedicato a Sant’Urbano, Mezzavia -  Abbazia di Praglia – Villa dei Vescovi, Luvigliano – Eremo del monte Rua, Torreglia - Chiesa di Santa Maria Assunta a Galzignano – Chiesa del Pigozzo, Due Carrare)

I monasteri, e nella fattispecie quelli benedettini, svolsero un ruolo fondamentale nei primi secoli del Medioevo per recuperare quelle devastazioni portate dalle invasioni barbariche. Essi, infatti, furono la forza “costruttiva” di una nuova civiltà che, organizzata sul motto dell’ora et labora, pose le basi della società moderna. Ai benedettini si devono infatti le prime bonifiche nel padovano: esemplare è l’esperienza dei monaci di Santa Giustina nei territori della Saccisica e, successivamente, l’organizzazione e la messa a coltura dei terreni recuperati dalle acque. La disponibilità di terra e di lavoro richiamarono schiere di coloni che insieme alle loro famiglie iniziarono a stabilirsi attorno alle mura dei monasteri. Queste realtà, quindi, divennero il centro di un piccolo mondo economico auto-sufficiente, attorno al quale venne ad organizzarsi anche la società laica con rapporti regolati da leggi e un’economia che, oltre alla sussistenza, permetteva la vendita delle eccedenze produttive e quindi la rifioritura degli scambi commerciali. In tal senso va ricordato il ruolo svolto dall’Abbazia di Santa Maria di Praglia, fondata nell’XI secolo come caposaldo della colonizzazione agricola benedettina in tutto il territorio a ovest di Padova. Anche al monastero di Santo Stefano di Due Carrare può essere riconosciuto il ruolo di centro dell’organizzazione del territorio, soprattutto nel periodo dei Da Carrara (quasi tutto il XIV secolo), che lo scelsero come mausoleo di famiglia, come pure la chiesa di San Biagio nella vicina Cornegliana, per la quale un documento del 1297 attesta che rientrava tra i possedimenti del monastero di Santa Giustina di Padova e tra i benefici vi erano rendite afferenti a ben 320 campi, tra le più ingenti per l’epoca.

Un altro centro legato al “governo” del territorio è sicuramente villa Vescovi a Luvigliano di Torreglia. In questo caso non si tratta di un edificio sacro, ma di una vera e propria villa, in cui il concetto di “governo” andrebbe traslato in forma più culturale o comunque più umanistica. Infatti, tra i propositi fondativi che portarono alla realizzazione della sontuosa residenza, nei primi anni del Cinquecento, vi erano quelli del Cardinale Francesco Pisani che qui individuò: “la sede per un circolo intellettuale raccolto attorno al valore del paesaggio e al suo ruolo di stimolo verso riflessioni e pensieri elevati, elementi indispensabili per il buon governo”. Ma a fianco di questi centri dell’organizzazione e della cultura il territorio conserva anche i luoghi della fede popolare, come l’Oratorio della Beata Vergine Maria Annunciata che, pur essendo di proprietà dei nobili Pasqualigo, era aperto e accessibile a tutta la comunità di Pontemanco, oppure la Chiesa di Santa Maria Assunta a Galzignano, che nel corso del XV secolo da piccolo oratorio divenne il centro della devozione dell’intero borgo euganeo, o ancora la chiesetta del Pigozzo. Non mancano poi i luoghi dell’isolamento e della preghiera, dove la pace degli Euganei diventa quasi mistica, come nel caso dell’Eremo del Monte Rua. A fianco dell’importanza storica che questi siti hanno ricoperto nei secoli, si accompagna il valore artistico che ancora conservano, opere d’arte che portano la firma di autori importanti come Lambert Sustris e Antonio Bonazza, o la firma dell’architettura stessa come nel caso del Falconetto, di Giulio Romano o Andrea della Valle a Villa dei Vescovi a Luvigliano.

Road map

Il percorso prende avvio dalla campagna pianeggiante di Due Carrare, ma si inerpica anche lungo le pendici dei vicini Colli Euganei e quindi un po’ di fatica va tenuta in considerazione, prima di partire. Partiamo quindi dall’Abbazia di Santo Stefano a Due Carrare, per imboccare la Sp17 in direzione del centro comunale e una volta raggiunta via Roma svolteremo a destra, sfileremo quindi davanti al municipio, tenendolo sulla sinistra, e dopo pochi metri, giunti in prossimità di un incrocio, svolteremo ancora a destra per imboccate la Sp9 che ci condurrà a Pontemanco. Giunti all’altezza del piccolo borgo troveremo sulla destra via Pontemanco che ci condurrà nel centro dove si trova l’Oratorio della Beata Vergine Maria Annunciata. Dal borgo usciremo ancora su via Pontemanco, basterà procedere dritti e svoltare a sinistra all’altezza di via Biancolino e, raggiunta ancora la Sp9, incroceremo una rotatoria alla quale procederemo dritti fino alla biforcazione con via Figaroli e via Da Rio. Noi imboccheremo quest’ultima che ci permetterà di raggiungere, dopo qualche chilometro, il centro di Cornegliana e la chiesa intitolata a San Biagio. Da qui iniziamo una lunga pedalata di trasferimento, con la quale abbandoneremo la pianura per raggiungere i fianchi dei Colli Euganei. Inizia, insomma, la parte impegnativa, in quanto la prossima tappa sarà l’Abbazia di Praglia che si trova a circa 16 chilometri da qui. La distanza, tuttavia, non spaventi: la destinazione ripagherà di ogni sforzo. Prendiamo, dunque, via Palazzina e la percorriamo fino ad incrociare via Cuccara, che troveremo sulla destra. Procediamo su questa nuova e tranquilla via, che attraversa la campagna, fino a lambire l’abitato di Terradura. Da qui, approfittando della pista ciclabile, percorreremo un tratto della Sp30, tenendo all’orizzonte le azzurre sagome dei Colli Euganei, fino a raggiungere Mezzavia, dove troveremo il Tempietto dedicato a Sant’Urbano. Oltrepassato il ponte e la Ss16 procederemo dritti in direzione di Montegrotto su via Mezzavia, anche questa dotata di pista ciclabile. Arrivati ad un incrocio con rotatoria, svolteremo a destra, su via Campagna Bassa. Ne percorreremo un bel tratto, fino a raggiungere una rotatoria dove prenderemo via Scavi (è quella con il sottopasso) e subito un’altra rotatoria, dove prenderemo la prima a destra che è via Marza. A una nuova rotatoria svolteremo a sinistra su via Siesalunga, poi svoltiamo a destra su via Virgilio e dopo qualche metro svoltiamo nuovamente a sinistra sulla Ss250. Dopo pochi metri incontreremo sulla destra via S. Daniele e la imboccheremo per proseguire poi su via Montegrotto in direzione di Abano Terme. Arrivati ad una rotatoria via Montegrotto si ristringerà ad una sola careggiata, continuiamo a percorrerla fino ad incontrare nuovamente via S. Daniele. Non potendo procedere dritti svoltiamo a sinistra, su questa nuova via affiancata da una comoda pista ciclabile. La strada prosegue completamente dritta fino all’intersezione con la Sp25, che imbocchiamo. Praticamente siamo ai piedi dei Colli Euganei e inizia il tratto che ci porterà all’abbazia di Praglia. Continuamo sempre sulla tortuosa Sp25 che inizia a mostrare il paesaggio collinare e qualche lieve pendenza. Arrivati al bivio troveremo due indicazioni: per Abano e per Tramonte, noi seguiremo quest’ultima, sempre restando sulla Sp25, che avrà come nome via Monteortone. A un certo punto sulla destra troveremo una biforcazione con le indicazioni per Praglia (3 km) e Teolo a (13 Km), seguiremo queste indicazioni e praticamente saremo quasi arrivati alla nostra tappa. Dopo aver percorso l’ultimo tratto della Sp25 ci troveremo in località La Croce, dove svolteremo a sinistra sulla Sp60. Inizieremo a scorgere sulla sinistra il cenobio di Praglia e lo raggiungeremo da via Abbazia, che incontreremo sulla sinistra. Ora per dirigerci verso Villa dei Vescovi: appena usciti dal viale dell’Abbazia prendiamo la stradina sulla sinistra, è percorribile solo dalle biciclette, sbucherà su via Malterreno, dove riprenderemo la strada in asfalto che ci porterà a Luvigliano. Arrivati all’altezza delle trattoria Da Lorenzo, svolteremo a sinistra, sulla Sp98, che percorreremo per qualche centinaio di metri fino a giungere ad un nuovo incrocio, con al centro un capitello, dove imboccheremo la strada più piccola, a destra, che conduce davanti a Villa dei Vescovi. Da qui ci spostiamo verso le ultime destinazioni del percorso, l’eremo del Monte Rua e la Chiesa di Santa Maria Assunta a Galzignano, imboccando la Sp98 che conduce a Torreglia e da qui la Sp25 che arriva a Galzignano Terme. Su quest’ultima, percorso qualche chilometro, troveremo sulla destra l’intersezione di via Guido Povoleri che porta a via Monte Rua e all’omonimo Eremo. Procedendo dritti sulla Sp25, invece, incontreremo la Chiesa di Santa Maria Assunta, la quale si trova proprio sul poggio che domina gli ultimi tornanti della strada che proviene da Torreglia, in una località denominata Pianzio. Sempre lungo la Sp25, riprenderemo la via verso Due Carrare, seguendo le indicazioni per Battaglia Terme. Si tratta degli ultimi chilometri: sbucheremo su Viale degli Alpini e poi prenderemo la sommità arginale del Canale Battaglia che passa proprio davanti al Catajo. Proseguiamo il nostro percorso prendendo il ponte che si trova davanti al grande portone di villa Obizzi, sulla destra troveremo la piccola sagoma della chiesetta del Pigozzo, ma per rientrare a Due Carrare dovremmo svoltare a sinistra sulla Ss16 e, percorso qualche centinaio di metri, girare a destra su via Minacana (Sp9), che conduce alla grande rotatoria che segna l’inizio del centro cittadino. Qui svolteremo ancora a destra per inforcare la Sp17e per raggiungere, dopo qualche centinaio di metri, l’abbazia di Santo Stefano da dove siamo partiti.

Siti di interesse toccati dal percorso:

L’Abbazia di Santo Stefano – Due Carrare
L’Abbazia di Santo Stefano, gioiello eretto a Due Carrare in adiacenza di un oratorio altomedievale, è tra i monasteri più antichi della provincia di Padova. Proprio a questo luogo si lega parte della storia della dinastia dei Da Carrara, in quanto un documento del 1027 attesta che in quella data fu fatta una donazione da Litolfo, primo membro noto della casata, per la costruzione del monastero. Le sacre mura divennero in seguito anche il mausoleo dei Da Carrara e tutt’ora un'arca marmorea affissa alla parete settentrionale della chiesa abbaziale conserva le spoglie di Marsilio, il secondo signore di Padova che governò dal 1324 al 1328. L’abbazia conobbe nel tempo diverse traversie, come il saccheggio perpetrato nel 1405 per volere dei Veneziani, dopo che venne estinta la dinastia Carrarese, e addirittura la parziale demolizione del complesso abbaziale nella seconda metà del XVIII secolo. Di quell’importante antico passato rimangono oggi solo il campanile, l’antico cimitero, la canonica, la casa dl sacrestano, una vera da pozzo dell’Istria e, ovviamente, la chiesa che rappresenta una delle poche testimonianze di architettura romanica del territorio. L’interno di quest’ultima, ai piedi del presbiterio, conserva tre grandi lacerti di mosaico risalenti al X-XI secolo, con tessere bianche e nere, con figure fito e zoomorfe. Significativo, sul piano artistico il basso rilievo in terracotta policroma che si può vedere in una nicchia a sinistra dell’altare. L’opera è di Andrea Briosco, detto il Riccio, e rappresenta il Cristo in pietà tra la Vergine e San Giovanni. L’opera risale alla fine del ‘400 e ha la particolarità di non essere un unico blocco, ma le tre figure sono staccabili. Altro elemento di originalità è la torre campanaria: realizzata due secoli dopo la rifondazione dell’intero complesso voluta dai da Carrara, conserva ancora, nella parete nord, le tracce dell’originario impianto finestrato a monofora-bifora-trifora (successivamente tamponato) e i bacini ceramici sulle arcatelle che ne fanno un unicum in terraferma veneta.

L'Oratorio della Beata Vergine Maria Annunciata – Pontemanco
Sulla piazzetta di Pontemanco si affaccia l'Oratorio della Beata Vergine Maria Annunciata. In una visita pastorale del 1595 ne viene attribuita la proprietà ai nobili Pasqualigo, quasi un secolo più tardi, sempre da una visita pastorale, si evince però che la piccola chiesa era aperta anche al pubblico. L'interno si presenta a tutt'oggi con il suo ricco apparato decorativo barocco, eccezionalmente integro, costituito da affreschi alle pareti, soffitto ligneo dipinto, stalli lungo tutto il perimetro interno, Via Crucis, altare marmoreo con pala e due bellissimi busti marmorei. Le pareti sono percorse da una fascia dipinta con motivi di finta architettura, a trompe l'oeil: in particolare, una serie di medaglioni intervallati da paraste di marmo rosso e da festoni vegetali sospesi a protomi leonine, fanno vista di sorreggere la cornice dentellata del soffitto ligneo. Dietro brevi balaustre si notano due finestre: una chiusa, l'altra appena aperta. Da una terza finestrella, protetta da una grata di legno, un personaggio si affaccia con in mano una corona del rosario. I pezzi di qualità più alta sono senz'altro i due busti marmorei della Madonna e di Cristo posti a fianco dell'altare. Le opere mostrano caratteri pienamente barocchi e, in particolare, rimandano all'ambito di Giusto Le Court. L'ottima fattura fa anzi pensare a un diretto intervento del maestro che, attivo in importanti cantieri veneziani, potrebbe essere stato richiesto da qualcuno dei nobili Pasqualigo. Concorrono all'unità dell'ambiente anche gli eleganti stalli lignei classicheggianti e le fantasiose decorazioni di cartapesta dipinte, che incorniciano porte e finestre.

Chiesa di San Biagio - Cornegliana
Il toponimo “Corniclana” compare per la prima volta in un atto pubblico del 1034. In quell’anno il vescovo di Padova “Burcardo” confermò al monastero di Santa Giustina una serie di beni, tra cui appunto il possedimento di Cornegliana. Come descrive la decima papale del 1297, la chiesa era intitolata a san Biagio e dipendeva dalla pieve di Maserà. A giudicare dall’elenco delle decime del secolo seguente, doveva godere di un certo benessere; l’ammontare dei benefici dei due chiericati era tra i più ingenti per l’epoca, con ben 320 campi, oltre a decime e quartesi. Nel 1490 l’edificio originario venne ricostruito dai nobili Giacomo e Antonio de’ Dotti, che ne ebbero il patronato fino al XVIII secolo, quando tale diritto passò ad altri signori, i Da Rio (questi vi rinunciarono nel 1919). 

Una terza chiesa in stile romanico modernizzato e a navata unica fu iniziata nel 1931. Inaugurata nel 1943, incorpora a sinistra il presbiterio pregevolmente affrescato dell’edificio precedente.
Nella terza cappella della parete sinistra della chiesa di Cornegliana si conserva un affresco raffigurante San Francesco e un olio su tela della fine del 16° secolo, che gli studiosi attribuiscono a bottega vicentina. Nella parte superiore del quadro è possibile vedere Gesù in gloria circondato dalla Madonna, san Giuseppe, san Giovanni evangelista e san Giovanni Battista, mentre in basso sono ritratti in adorazione di Cristo i santi patroni di Padova: Giustina, Antonio, Prosdocimo, recante il modellino della città. La cappella è inoltre decorata da due affreschi raffiguranti l’“Ultima cena” e “Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia del deserto” attribuiti al pittore Stefano Dell’Arzere, mentre Gaspare Diziani sembra sia stato l’artefice dei preziosi affreschi delle vele della volta con i quattro evangelisti. Nel presbiterio è visibile una pala di ambito veneto risalente al 1627 con la Madonna del Rosario con Gesù bambino e santi. Di grande pregio anche le stazioni della Via Crucis di Antonio Bonazza, che decorano le pareti del sacello.

Abbazia di Praglia – Praglia
Indubbiamente è il più e suggestivo luogo di spiritualità dell’area dei Colli Euganei e storicamente anche la più importante testimonianza dell’attività dei monaci benedettini fin dai primi secoli dal Basso Medioevo. La fondazione dell’Abbazia, infatti, è da collocare tra l’XI e il XII secolo. Lo stesso nome sembrerebbe derivare dal lavoro svolto dai monaci in quei secoli: Praglia, precisamente, deriverebbe da “pratalea” (ossia area o luogo dei prati), che per più di qualche storico trova giustificazione nella grande opera di bonifica e di messa a coltura di terre paludose avviata sotto il motto “Ora et labora” dai frati dell’Abbazia di S. Benedetto in Polirone di Mantova. Al tempo, infatti, il cenobio dipendeva ancora dall’Abbazia fondata dal nonno di Matilde di Canossa sull'isola che si trovava tra il Po e il fiume Lirone. Solo con gli inizi del XIV secolo la comunità di Praglia, consolidatasi e radicatasi più stabilmente nell’ambiente padovano, si rese del tutto autonoma eleggendo un Abate preso tra le file dei propri monaci. Nel 1448 Praglia aderì alla Riforma di Santa Giustina di Padova e tale scelta fu la causa della sua “seconda nascita” spirituale, culturale e materiale. In quegli anni avvenne anche la ricostruzione della chiesa e di parte degli ambienti monastici. Unica testimonianza visibile dell’originario impianto medievale, infatti, rimane la torre campanaria. Nei secoli successivi l’Abbazia conobbe continuo sviluppo fino a raggiungere gli attuali 13.000 mq di superficie coperta confermandosi allo stesso tempo come monumento dell’arte, grazie all’armonica razionalità ed equilibrio dei quattro chiostri, che ne articolano lo spazio, lo stile architettonico in cui si integrano felicemente il tardo gotico e l’incipiente Rinascimento. L'Abbazia di Praglia, ancora oggi abitata da monaci benedettini è meta di un costante turismo religioso, ospita al suo interno anche una Biblioteca Monumentale Nazionale, che contiene circa 100.000 volumi. La sala al piano superiore è impreziosita da 17 tele di Giovan Battista Zelotti, pittore del tardo Cinquecento, inserite negli scomparti del soffitto in legno. Altro ambiente suggestivo è il refettorio monumentale, al cui interno si notano, oltre al magnifico arredo ligneo, una grande “Crocifissione” dipinta da Bartolomeo Montagna alla fine del ‘400 e un pulpito in marmo utilizzato per la lettura delle Sacre Scritture durante i pasti. Il laboratorio di restauro dei libri e codici antichi è un altro fiore all’occhiello dell’Abbazia.

Villa dei Vescovi – Luvigliano
Un altro importante monumento legato alla fede, ma soprattutto alla bellezza, sui Colli Euganei è sicuramente Villa Vescovi a Luvigliano di Torreglia. Il concepimento dell’opera fu affidato nel primo ‘500 al nobiluomo Alvise Cornaro dal Vescovo di Padova, Cardinale Francesco Pisani, che qui individuò la sede ideale per un circolo intellettuale e umanistico raccolto attorno al valore del paesaggio e al suo ruolo di stimolo verso riflessioni e pensieri elevati, elementi indispensabili per il “buon governare”. Nata sotto la luce della ragione, Villa dei Vescovi, rappresenta una delle testimonianze più importanti dell’architettura pre-palladiana e dal binomio costituito dal pittore-architetto veronese Giovanni Maria Falconetto, che si occupò del progetto, e dall’erudito veneziano Alvise Cornaro, che curò invece la direzione dei lavori. Ne uscì un capolavoro arricchito al suo interno da un importante ciclo di affreschi del fiammingo Lambert Sustris e che nel tempo trovò e raccolse anche il contributo di altri grandi architetti come Giulio Romano, Vincenzo Scamozzi o Andrea della Valle. Villa dei Vescovi è tornata oggi all’antico splendore grazie al lungo lavoro di restauro del FAI, terminato nel Giugno del 2011, che ha restituito alla collettività un vero capolavoro del Rinascimento. A distanza di cinque secoli, Villa dei Vescovi mantiene miracolosamente inalterato il suo ideale di vita originario che assegna alla natura e al paesaggio un valore morale in grado di educare lo spirito e ispirare la mente.

Eremo del Monte Rua – Torreglia
I primi insediamenti eremitici camaldolesi nacquero in Italia dall'inizio dell'XI sec. Una seconda fase di espansione è avvenuta, anche nelle aree urbane, nei secoli XV e XVI, quando la presenza camaldolese in Italia si diffuse da nord a sud, raggiungendo circa 100 sedi fra eremi e monasteri. Tra questi rientra anche l'Eremo di Santa Maria Annunziata di Torreglia, anche se la sua fondazione risalirebbe al 1339. Furono due eremiti appartenenti alla comunità di S. Mattia di Murano a raggiungere la sommità del monte Rua (416 m s.l.m.) e ad ottenere il permesso dal vescovo di Padova di costruire la chiesa in memoria della Madonna, ma la prima comunità camaldolese venne fondata solo nel 1542. Negli anni immediatamente precedenti il monastero venne trasformato, ingrandito, anche perché diventato uno dei simboli della spiritualità di tutto il Veneto, fino ad attestarsi sulle forme del tipico Eremo Camaldolese: composto da una chiesetta attorniata da 14 celle a forma di casette e la cui fondazione risale al 1530. Ogni cella è costituita da una cameretta per il riposo, uno studiolo, una cappella con altare, un bagno e una legnaia. All’esterno ogni cella è fornita di un piccolo orto recintato da un muro. Ancora oggi è abitato dai Frati Camaldolesi che vivono in clausura. Molto suggestiva è la passeggiata attorno alle sue mura. E’ possibile soggiornare in quanto i monaci accettano chi desidera soffermarsi a contemplare la serenità di questo luogo. Inoltre qui è possibile trovare alcuni prodotti tipici ed esclusivi, che i monaci riescono a confezionare con la cura e la sapienza tramandata nei secoli.

Chiesa di Santa Maria Assunta – Galzignano
L’antica Chiesa di Santa Maria Assunta (non più utilizzata) è una suggestiva pieve del XIII secolo, anche se documenti attestano l’esistenza di un capitello già attorno all’anno 1000, che sorge in bella posizione, ubicata sulla sommità del colle omonimo che domina il paese, una verde collina coltivata e ombreggiata da cipressi. La vecchia chiesa costruita ad una sola navata con cinque altari, fu riedificata dalle fondamenta nel 1674 ad una sola navata in stile baroccheggiante e consacrata il 4 ottobre 1840. Un secolo dopo era diventata insufficiente per la popolazione più che raddoppiata. Così nel 1947 fu benedetta la prima pietra di una nuova parrocchia, non più sul colle, ma nella piazza del paese. Il campanile, ricostruito tra il 1878 e il 1895 accanto alla vecchia chiesa, serve ancora oggi la nuova. La Chiesa di Santa Maria Assunta ospita al suo interno tracce di affreschi del XVII secolo e una tela seicentesca che raffigura la Madonna Assunta circondata da Angeli con ai piedi S. Valentino e S. Filippo Neri.

Chiesetta del Pigozzo - Due Carrare
L’Oratorio di Santa Maria, più noto col nome di Chiesetta del Pigozzo a Battaglia Terme, è ciò che rimane di un’antica chiesa risalente al 1736 parzialmente demolita all'inizio degli anni Trenta. Fu dedicato alla Beata Vergine Maria poiché, si narra, proprio qui avvenne una sua apparizione ad una donna che mentre lavava i panni fu attirata dal rumore di un picchio (Pigozzo in dialetto veneto significa picchio, cuculo). Da tempo immemore ormai, il 25 Marzo di ogni anno, giorno dell’Annunciazione, sul sagrato della chiesetta e sull’aia di una fattoria vicina si tiene la Sagra del Pigozzo, festa tradizionale in onore della Madonna del Pigozzo.